Cet article, pionnier sur la question de l'identité d'Elena Ferrante, est paru dans l'Unita le 23 novembre 2006.

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l’U, giovedì 23 novembre 2006

MISTERI LETTERARI Una scrittrice tanto grande quanto anonima. Nella caccia alla sua vera identità ora arriva una «macchina» e un programma sperimentati a La Sapienza di Roma. Che hanno emesso un verdetto. Forse

Ferrante è Starnone. Parola di computer

di Luigi Galella / Segue dalla prima

In quattordici anni ha prodotto tre romanzi: L'amore molesto, I giorni dell'abbandono e La figlia oscura, uscito in questi giorni. Successi di critica e pubblico, traduzioni all'estero, adat­tamenti cinematografici, e nessuno che l'ab­bia mai fotografata né vista né personalmen­te intervistata. Si raccontava, anni fa, che avesse deciso di vivere in un'isola greca, ma fu proprio quest'ultima a mostrare, in fondo, l'Idea dell'ingamio. Ce ne sono più ci mille, quindi era come evocare un nessun luogo. Se Elena Ferrante si fosse nascosta in una qualsia­si città italiana, sarebbe venuto il sospetto, non incontrandola, die si trattasse di un'in­venzione. Non trovandola, si poteva dedurre che non esistesse. Nessuno poteva stupirsi in­vece di non incontrarla in «un'isola greca». Il mondo letterario vive ovunque, ma un'isola greca, indeterminata e irraggiungibile, sfugge al suo controllo.

Mi concentrai sugli scrittori napoletani e ne isolai alcuni. Testi alla mano, provai a fare le prime comparazioni stilistiche. Fra L'amore molesto della Ferrante e Via Gemito di Starnone riscontrai una grande quantità di segni co­muni - analogie tematiche e testuali: descri­zioni, oggetti, personaggi, situazioni, psicolo­gie - dei quali diedi conto in un articolo su La Stampa del 16 gennaio 2005.

Avendone «raddoppiato» l'identità, pensavo che Domenico Stamone, cui attribuivo la pa­ternità delle opere della Ferrante, mi avrebbe ringraziato. Mi ero immaginato una telefona­ta calda e amichevole tra colui che ritenevo l'artefice del più intrigante enigma letterario di questi anni e il suo zelante risolutore. An­che perché credevo che i romanzi analizzati contenessero degli indizi deliberati, come ac­cade In ogni buon giallo, perché qualcuno, prima o poi, Il rintracciasse e smascherasse. Non andò cosi. Lo scrittore napoletano non accolse bene la mia candida rivelazione. Mi chiese perché non lo avessi avvisato prima dell'uscita dell'articolo. Obiezione che mi par­ve curiosa. Perché avrei dovuto farlo, visto rhp ora eli offrivo la possibilità di replicare?

Quindi, domandai, conferma o smentisce. «Mi faccia prima leggere l'articolo», concluse lui, ineffabile. L'indomani smentì. Con deci­sione. E nei giorni seguenti, ad ogni occasio­ne, con malcelato fastidio.

A distanza di due anni, continuo a esser con­vinto della mia idea. Non è accanimento. Nulla di personale contro Domenico Stamo­ne, che anzi ritengo il più grande scrittore ita­liano di questi anni, in particolare per Via Ge­mito. Il paradosso è che lo si è detto della Fer­rante (Antonio D’Orrico), ma a nessuno è ve­nuto in mente di elevare Stamone a uno sta­tus equivalente Tuttavia, in presenza della ' sua smentita, contìnua a mancare la prova re­gina, e chiunque potrà credere dò che vuole. Che fare allora? Esiste un modo più sicuro e garantito della mia ricerca, soggettiva e quin­di fallace, di accedere alla verità?

Si chiama «zipper» e lo hanno messo a punto alcuni studiosi di fisica e matematica. Nel 2002 ha già svelato un altro «mistero»

Com'è noto, lo stile di uno scrittore è come un'impronta digitale. A un occhio die lo sapesse indagate oggettivamente, non sfuggi­rebbero quelle ricorrenze linguistiche che ne strutturano il corpo e ne definiscono, senza ombra di dubbio, l'individualità. Ma esiste un simile occhio, tanto implacabile, quanto sensibile e neutrale? Io credo di averlo trova­to in una macchina, in un programma elabo­rato da alcuni studiosi dell'Università di Ro­ma.

Il Professor Vittorio Loreto, docente di Fisica a «La Sapienza», in collaborazione con An­drea Baronchelli, ha verificato l'attendibilità dell'ipotesi da me avanzata, utilizzando un programma elaborato da lui stesso nel 2002 con dei colleghi di Matematica della stessa università, Dario Benedetto e Emanuele Caglioti. Come ci spiega, il metodo sfrutta”in maniera inusale gli algoritmi di compressionne dati, per definare e misurare ouantità di informazioni sofisticate». Fuori dal linguaggio tecnico, ciò che a noi interessa è che lo zipper - così lo chiamano - è in grado di riconoscere il contesto delle sequenze linguistiche elaborate, ivi compreso l’autore dei testi stessi, sulla base di un principio di similarità.

Loreto non è nuovo a simili esperimenti. Nel 2002, sollecitato da un giornale olandese, NRC-Handelsblad, con l'aiuto di Benedetto e Caglioti, permise di associare un volto all'au­tore dei romanzi di Marek Van der Jagt, sugge­rendo che dietro quella firma potesse celarsi Amon Gunòerg. La rivelazione fece clamore. Lo scrittore pochi mesi dopo fu costretto a uscire allo scoperto e a confessare che proprio di lui si trattava. Il sistema quindi è collauda­to. E con successo.

Che cosa accadrebbe se ora accostassimo i ro­manzi di Stamone a quelli della Ferrante? Lo zipper tenderebbe a separarli o ad assimilarli? E se a questi aggiungessimo i nomi di quegli autori - Goffredo Fofi, Fabrizia Ramondino, Michele Prisco, Erri De Luca - che in questi an­ni sono stati suggeriti dai critici come al­ter-ego della Ferrante?

Per avere un quadro completo dei possibili in­diziati, il professore li ha comparati tutti alla misteriosa scrittrice, e ora mi mostra una sor­ta di «albero filogenetico» in ì cui emerge un ra­mo compatto, costituito dai romanzi della Ferrante e di Stamane, confusi, sovrapposti l’un l'altro, separato dai romanzi degli altri scrittori, relegati su altri rami. Nel confronto poi tra coppie di opere singole, «l'opera di Stamone è sempre quella che più e sistemati-camente si avvicina alle opere della Ferrante». «11 risultato - dichiara - sembra proprio confermare la tesi che Ferrante e Stamone sia­no lo stesso autore». Anche la macchina, dun­que, nel suo spregiudicato rigore, avalla l'Ipo­tesi di partenza. Il caso è chiuso? Loreto sorri­de: «Il metodo non dà certezze, ma solo indicazioni con un alto tasso di probabilità (forse attendibilità)». D'accordo. Ma almeno per quanto mi riguarda prometto, caro Starnone, di non tomarci più sopra.

https://gruppodilettura.files.wordpress.com/2006/11/ferrante.pdf

Pour comprendre la technique :

_La linguistique comprimée par le zip_ Par Denis Delbecq, Libération, 13 mars 2002 à 22:34 "Sur la base d'une centaine de textes de onze écrivains, Loreto affirme avoir retrouvé le bon auteur dans 93 cas sur 100..."

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